De Rossi Italia

Parafrasando un celebre pezzo dell’Amleto, c’è del marcio in Svezia, e quel marcio, purtroppo, è l’ Italia. Certo, nell’opera di Shakespeare era la Danimarca, ma pur sempre di terra scandinava si parla: e nel gelido paese nordico, la banda azzurra, a dieci giorni dalla festività di Halloween, manda in scena una notte dei morti viventi in pieno stile orrorifico, con una prestazione a dir poco imbarazzante per pochezza di gioco, se di gioco si piò parlare.

 

De Rossi ItaliaGià, perché è vero che la Svezia ha colpito molto duro, rasentando spesso il limite della correttezza, ma ha perlomeno saputo fornire un’identità di gioco, l’idea che un amalgama esiste al netto di qualche limite tecnico. L’ Italia, invece, neanche quello: il triste declino di una delle Nazionali più titolate e più forti di tutti i tempi, che soltanto undici anni fa, in quel di Berlino, si laureava campione del mondo nella gara di addio di Zinedine Zidane, uno dei calciatori più forti della storia del calcio.

 

Di quell’ Italia sono rimasti soltanto Buffon, Barzagli e De Rossi, ultimi residui di un sogno che rischia concretamente di svanire, e di trasformarsi in un incubo: tale sarebbe, infatti, la prospettiva di non mettere piede in terra russa, fallendo un appuntamento mondiale come non succedeva dal 1958. Allora, clamorosamente, fu l’Irlanda del Nord, la fatale Irlanda del Nord, a strappare agli azzurri il biglietto per la partecipazione del Campionato Mondiale. Che, per uno strano scherzo del destino, era ospitato proprio in Svezia.

 

È bastato un tiro di Johansson, con la beffarda deviazione di De Rossi, a richiamare subito i ricorsi storici. Non qualificarsi al Mondiale sarebbe stata una tragedia, aveva sentenziato qualcuno qualche giorno prima di questa gara di andata. Allora, forse, tanto vale preparare i fazzoletti: perché l’ Italia vista questa sera, troppo brutta per essere vera, non è in grado di battere la Svezia con due gol di scarto. A meno che nel ritorno non si accenda qualche lampadina, e il morto magicamente non resusciti. Ma è dura. Incrociamo le dita.

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